A 3 anni dall’uscita del suo disco MY LITTLE WORLD per la sua WoW Records, Felice Tazzini torna per la quinta volta sul palcoscenico del FORTE! Festival (sabato 17 maggio alle 18 nella sala Sbrozzi di via Carducci 41), proponendo una collaborazione fra il suo trio ed il sassofonista Marco Guidolotti, con il quale ha ideato uno spettacolo incentrato sui brani del contraltista Cannonball Adderley, un gigante (anche in senso fisico!) della sezione fiati del quintetto e sestetto di Miles Davis tra il 1957 ed il 1959, in opere miliari come MILESTONES, JAZZ AT THE PLAZA e naturalmente KIND OF BLUE.

Cosa puoi dirci di questo nuovo esperimento in quartetto?
Nelle mie apparizioni col mio quintetto al Forte!Festival ci eravamo sinora spinti sino agli anni ’50; con Marco Guidolotti abbiamo pensato di fare un passo oltre, e rivisitare alcuni successi di Cannonball Adderley incisi sul suo disco del 1960 THEM DIRTY BLUES. Pur non essendo stati composti da lui, questi pezzi recano inequivocabilmente la sua firma e sono diventati degli standard, come Work Song che aprirà il concerto, oppure Dat Dere composta dal grande pianista Bobby Timmons.
Saranno con noi sul palco anche Francesco Pierotti al contrabbasso, mio socio nella WoW Records, e Samuele Giancola alla batteria, un giovane talento scoperto proprio da Marco, con cui ci esibiremo insieme per la prima volta.

Avete scelto un virtuoso del sax contralto, piuttosto dimenticato dal grande pubblico, il cui timbro inconfondibile ed una capacità ritmica tipica dei musicisti del Sud degli Stati Uniti hanno dato vita a molti capolavori immortali: Work Song ad esempio fu ripresa con successo da Nina Simone e dalla Paul Butterfield Blues Band; Dat Dere da Rickie Lee Jones. E l’intero album che eseguirete in pubblico è certamente fra i dischi jazz più belli del 1960, perché ha saputo coniugare le dodici battute del blues con la creatività dell’hard bop. È per questo che avete pensato proprio a questo musicista della Florida come riferimento per il vostro concerto?
Certamente, volevamo riscoprire un grande solista ed aprire per il pubblico di FORTE! Festival una porta su un mondo poco conosciuto. Come dicevi, questi brani hanno un tocco decisamente bluesy ma poi evolvono verso orizzonti nuovi, fatti di sonorità inedite per quell’epoca e sorprendenti anche oggi, dove intendiamo condurre per mano gli spettatori che verranno ad ascoltarci a Civitavecchia. Il jazz è un genere in costante evoluzione perché si basa su un impasto fra tradizione e modernità, che assume forme diverse ogni volta. I musicisti sono sempre alla ricerca di questa sintesi e di un rapporto intenso col pubblico; suonare per della gente che siede proprio di fronte a te è sempre una grandissima emozione.

Quali prospettive vedi per il futuro della musica jazz in Italia? In particolare, ritieni che aumenteranno le collaborazioni fra i musicisti italiani sparsi sul nostro territorio oppure prevarrà la cooperazione fra jazzisti italiani e stranieri, magari con dei gemellaggi con altre città ed associazioni europee attive in questo settore?
A me pare che in Italia esistano vari focolai di produzione di ottimo jazz, sparsi in maniera equa fra Nord Centro e Sud, ma con pochi contatti fra di loro. Esistono collegamenti fra chi opera in regioni vicine, ma non mi sembra ci sia una sistematica collaborazione, se non per progetti specifici di grande spessore. Non è necessariamente una cosa negativa; spero comunque che le nuove generazioni riducano un po’ le distanze. A differenza che nel jazz tradizionale, oggi quasi tutti i giovani studiano jazz in Conservatorio e questo dovrebbe fornire una base comune utile per facilitare scambi e progetti condivisi. Per quanto attiene all’estero, i musicisti più famosi negli Stati Uniti ormai accettano collaborazioni solo a pagamento (non si suona più solo col cuore!). Nel nostro continente vorrei citare Parigi come principale centro di aggregazione della scena jazz europea, dove tanti italiani trascorrono 1-2 anni della loro carriera; seguita dall’Olanda, dove ha studiato ad esempio Attilio Sepe, un sassofonista che ha inciso un disco per la mia etichetta proprio insieme a dei colleghi olandesi. Ed infine vorrei menzionare un’isola felice come la penisola scandinava, in cui i jazzisti locali hanno creato una identità propria, tanto che i loro dischi di Northern jazz si riconoscono già ascoltandone le prime note. Ma negli ultimi anni anche l’Italia ha creato un proprio stile, iniziamo a diventare riconoscibili anche noi e questa voce gira ormai nell’ambiente. Di questo sono particolarmente contento: il jazz è come una missione e chi lo suona si sente portato ad espandere naturalmente il proprio linguaggio e la propria cultura, offrendola agli altri proprio per farsi riconoscere.

È molto bello quello che dici ed immagino tu abbia in mente non solo grandi nomi come ad esempio Rava o Pierannunzi, ma anche artisti più giovani.
Esattamente, tanti ragazzi italiani oggi suonano il jazz moderno in modo originale e sono fiero di aver potuto produrre con la mia etichetta svariati lavori, dando loro la possibilità di incidere la loro musica così come la sentono: questa per me è già una vittoria ed un motivo di orgoglio.
E per finire, Felice, quali sono i tuoi progetti nell’immediato futuro? Dobbiamo attenderci a breve un secondo disco oppure una tournée di concerti in Italia?
In realtà io trascorro gran parte del mio tempo nel mio studio, a elaborare nuovi arrangiamenti, per esempio per delle trasmissioni televisive, però posso dirti che sto lavorando a due progetti: il primo consiste in una rilettura contemporanea di standard jazz, di cui c’è traccia nel mio disco del 2022 ed anche nei filmati pubblicati su YouTube, che spero di riuscire a realizzare suonando in quartetto, con l’inserimento di una tromba accanto a piano, basso e batteria.
Il secondo progetto è anche più ambizioso: sto scrivendo della musica per orchestra da camera. È una grande sfida sia sul piano tecnico sia su quello economico, spero tanto di riuscire a finalizzare presto queste partiture.
Infine, per quanto attiene ai concerti dal vivo, cerco di privilegiare la qualità rispetto alla quantità: in questo periodo insieme a Marco Guidolotti stiamo portando in giro, in quartetto, uno spettacolo di teatro/canzone che racconta la vita di Van Gogh e la genesi di otto suoi quadri, a ciascuno dei quali è stato abbinato un brano jazz, mentre la voce narrante è affidata a Gino Saladini, che è anche autore dei testi.
Anche quest’ultima attività conferma la tua natura di artista estremamente dotato ed eclettico, dai mille interessi, che è quello che ci vuole per suonare e vivere il jazz vero, un genere in cui “non c’è spazio per della gente troppo quadrata”, parafrasando il titolo di un bellissimo lavoro di Hank Mobley.
Grazie mille Felice, ti aspettiamo sabato 17 maggio alle ore 18 al FORTE! Festival per applaudirti.
(Stefano Marino, maggio 2025)
Il Felice Tazzini trio: Felice Tazzini (piano); Francesco Pierotti (contrabbasso); Samuele Giancola (batteria); con la partecipazione di Marco Guidolotti (sax contralto)

FORTE! Festival 2025 è un evento organizzato dall’Associazione culturale FORTE! Festival insieme a Comune di Civitavecchia (Assessorato al Turismo e Assessorato alla Cultura), Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia, A Casa Tua, PENTA SM, Graphis Studio e Compagnia Portuale Civitavecchia, col patrocinio della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea.
FORTE! Festival 2025 è realizzato con i media partner Radio Stella Città e Radio Alma Bruxelles, e in collaborazione con tante associazioni musicali e artistiche del comprensorio: Baita Crew, Casa delle Arti (Allumiere), CineCircolo XXI APS, Ensemble InCantus, EMRO Video, Ercolani Bros. / Dokc Lab, Festival Kafarock (Cecina), Filarmonica di Civitavecchia, Granari Spazio Off, ass. culturale Ponchielli, Skelter, Stazione Musica, Unione Musicale Civitavecchiese, WoW Records, Zillion Watt Records.