Low Gruppo musicale
Svaniti, uscirà ancora un disco? Poi sapere che non è più possibile. Qualcuno lo scoprirà solo ora.
Quante persone tra queste avranno avuto la mia fortuna di amarli proprio?
Averli visti dal vivo in un concerto potentissimo, all’apice della loro carriera nel 2019. Un duo che poteva essere ‘ferro o piuma’.
Una collezione essenziale dei ‘Low’ può durare quasi quattro ore, e ovviamente ora sta girando nel mio lettore mentre scrivo, spero duri a sufficienza.
‘To many words, and I can HIIIREEEEEEMMM’.
Il ritmo c’è, trascinante, forte. Mi raccontavano di concerti a Duluth con il pubblico seduto su cuscini in atmosfere calde, sognanti e rarefatte. E in questo ambiente rilassato nel Minnesota, si poteva ascoltare anche il rumore dei ‘tumbleweed’.
Canzoni così da brividi lungo la schiena, semplici, funzionanti, scrivile tu se sei capace. Qualcuno lo avrà detto forse Alan Sparhawk stesso.
Era nel 1994, ma poteva essere benissimo nel pieno del 2004, insieme al post-rock, l’alt-rock, al dream-pop, lo shoegaze e tutta l’energia che c’era rimasta (poca) dopo il grunge. Era il trapasso del millennio. La fine del mondo, e mi arrivavano queste storie di concerti con il rumore del deserto nordamericano.
Ne fui subito affascinato, e negli ascolti fedele. Altri i ‘Low’ li avranno scoperti con NETFLIX, incastonati in qualche puntata di una serie tv come ‘Devs’ di Alex Garland.
Slowcore che diventerà nel 2024 sofferenza di aver visto una moglie andarsene per sempre, portandosi via la sua voce angelica e la ritmica ipnotica, base fondamentale dei Low, che erano compagni anche nella vita, non solo sul palco.
Ascoltare oggi ‘white roses, my god’, non prima di essere passati dai dischi precedenti in ordine di uscita.
Dei ‘Low’ esiste un documentario, You May Need a Murderer del 2008, sulla loro vita personale e creativa.
Adesso decidete se tornare al mondo di singoli ascolti caotici, o accedere a un mondo alternativo nonché sperimentale… accedere a uno dei miei rifugi del cuore.
E.