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Ultravox – Systems of romance (1978)

Un capolavoro della new wave inglese da riscoprire, nelle parole di Antonello Munafò: il disco della maturità di John Foxx e soci.

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Prima di essere una canzone della scaletta di THE GARDEN (1981), secondo disco solista di John Foxx, SYSTEMS OF ROMANCE dava il nome al terzo album degli Ultravox uscito nel 1978: un album che chiudeva la prima fase di vita della band, quella meno nota al grande pubblico che la band conquisterà a partire da VIENNA (1980), per il quale vi rimandiamo alla recensione di Claudio Barbaranelli nel nostro volume 80×100.

Per gli ascoltatori della prima ora, SYSTEMS OF ROMANCE, dopo il quale il cantante e leader John Foxx lascerà la band, è l’album della maturità, che porta a compimento alcune delle già notevoli intuizioni di HA!HA!HA! (quelle visibili in The man who dies everyday, Artificial life e Hiroshima mon amour, che nel 1977 riuscivano a coniugare l’energia del punk con l’elettronica). Grazie anche alla scelta di un produttore tecnologico come Conny Plank, già guru dei Kraftwerk, e dei suoi studi di Colonia, gli Ultravox di SYSTEMS OF ROMANCE, orfani del chitarrista originario Steve Shears (sostituito tuttavia dal giovanissimo ma anche più dotato Robin Simon) salgono ulteriormente di livello raggiungendo quella completezza e definizione difficilmente prevedibili agli esordi.

Le intuizioni ‘nuove’ degli Ultravox, già di per sé migliori, vengono amplificate al meglio da una produzione massiccia ma ampiamente funzionale alle narrazioni provenienti per la maggior parte (secondo quanto emerse successivamente all’abbandono) da John Foxx, grande protagonista che infranse più’ di un cuore con la sua voce e la sua poetica (e tanto al centro del progetto, da essere ribattezzato Ultra-Foxx dal cronista di Rockerilla che lo intervistò nel 1980). L’ alba di un nuovo mondo al rallentatore di Slow motion è il grande inizio, potenza e precisione racchiusi in quattro minuti imperiosi che aprono il grande affresco tecnologico di una band proiettata verso il futuro con selezioni come I can’t stay long, Someone elses clothes, Quiet men, Dislocation, Maximum Acceleration e la chiusura emblematica di Just for a moment, l’invito all’ascolto della musica prodotta dalle macchine che trasforma il pavimento in oceano.

Nell’ anno zero del Post Punk, SYSTEMS OF ROMANCE merita di essere citato tra le migliori produzioni della musica di oltremanica dei tardi anni Settanta.

(Antonello Munafò)

La playlist Spotify dell’album SYSTEMS OF ROMANCE

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