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Grazie di tutto, Taylor Hawkins

Un ricordo affettuoso e appassionato del batterista dei Foo Fighters Taylor Hawkins (Paolo Ricci per FORTE! Festival)

Foo Fighters in concerto, con Taylor Hawkins alla voce (Foto di Paolo Ricci)

“One of these days your heart will stop and play the final beat. But it’s all right”…

Sono andato a controllare la data, stamattina: era una notte d’inverno di 22 anni fa.
C’erano ancora le Torri Gemelle e persino la Lira.
Non c’erano i miei due figli e in quel periodo facevo spesso tardissimo a vedere il David Letterman Show su RaiSat.
Entra una band che non conosco.
Suona Everlong.
Il batterista è un biondone californiano dai denti bianchissimi, che si dà il ritmo ad alta voce tra sé e sé, le braccia potenti e l’intesa perfetta con il frontman, che so essere un ex Nirvana.
Resto stregato.
Recupero i primi album, le storie dei concerti nei garage, persino i vecchi pezzi dei Nirvana, che avevo trascurato senza averli mai sentiti davvero.

Diventeranno una tappa fissa nei nostri weekend di concerti in giro per l’Europa.
A Berlino la prima volta, poi persino Berna e l’ultimo a Bergen, il 27 giugno 2019, incredibilmente sotto il palco con i nostri ragazzi, in un concerto reso assurdo dalla luce delle 11 di sera. “Suoneremo fino a notte”, urlò Dave Grohl con il sole negli occhi, “ma qui non fa mai notte!
Come la prima volta in tv, mi colpiva sempre la sintonia assoluta, di note e di sorrisi, tra frontman e batterista.
Forse perché Dave Grohl è un (grande) batterista egli stesso e Taylor Hawkins era (sarebbe potuto essere) un frontman nato.
Infatti gli ultimi anni si scambiavano più spesso i ruoli sul palco, come in quella cover pazzesca di Under Pressure che Taylor ci regalò a Bergen, nei suoi pantaloni attillati da Tigro, il suo sorriso da bambino incredulo che il suo sogno si è realizzato, la sua voce da “surf dude”, come l’ha definita qualcuno e mi pare che ci stia bene.

Non lo metterei sul podio di quelli che più mi hanno emozionato dal vivo, solo perché non riuscirei a far scendere uno tra Carter Beauford, Steve Gadd e Gavin Harrison.
Ma ormai lui sta bene di là, con Ginger Baker, Keith Moon e John Bonham, “a million miles away”…

There goes my hero. He’s (extra)ordinary

Grazie di tutto, fuckin’ Taylor!

(Paolo Ricci per FORTE! Festival)

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